Velocità eccessiva in un parco, ciclista condannato per lesioni a pedone

 

L’imputato era accusato di aver investito un passante mentre procedeva a velocità eccessiva in un parco, procurandogli una frattura composta della spalla sinistra e numerose altre fratture

Alla guida di una bicicletta, per colpa generica, procedendo ad una velocità eccessiva in relazione alle circostanze di tempo e di luogo, aveva investito un passante che passeggiava all’interno di un parco, cagionandogli la frattura composta della spalla sinistra e numerose altre fratture, lesioni guaribili in trenta giorni. Questa l’accusa mossa a un ciclista, condannato in sede di merito per il reato di lesioni personali colpose ai sensi dell’art. 590 del codice penale.

La parte lesa dichiarava che, mentre stava praticando jogging, veniva urtato violentemente da dietro alla schiena e scaraventato a terra, senza più riuscire ad alzarsi. Il ciclista, a sua volta, riferiva di aver visto il pedone situato alla propria destra e di aver impegnato la parte sinistra per evitarlo, ma, mentre con la ruota del manubrio lo aveva sorpassato, il pedone si era spostato verso sinistra e si era determinato un contatto tra la propria spalla e quella del pedone.

Il Tribunale, pronunciandosi in sede di appello aveva dato atto della linearità del racconto reso dalla parte civile, dell’assenza di intento calunnioso nei confronti dell’imputato e dei riscontri alla sua deposizione costituiti, tra l’altro, dalla documentazione medica prodotta.

Per il Giudice di secondo grado, trattandosi di incidente avvenuto all’interno di un parco, al ciclista era richiesta una particolare diligenza nell’affrontare i sentieri del parco stesso, evitando l’investimento di pedoni, la cui presenza era prevedibile. Nella fattispecie, il ciclista avrebbe dovuto prefigurarsi la possibilità di incontrare corridori e avrebbe dovuto adeguare la propria condotta di guida, secondo normali criteri di prudenza.
Più specificamente, se non avesse tenuto una velocità eccessiva rispetto allo stato dei luoghi, avrebbe potuto impedire l’impatto col corridore frenando prontamente la bicicletta. Inoltre, l’imputato avrebbe dovuto segnalare la propria presenza al pedone mediante i dispositivi acustici, dei quali la bicicletta doveva essere dotata.

Nel ricorrere per cassazione l’imputato eccepiva che il Tribunale fosse incorso in molteplici carenze motivazionali, non avendo valutato: la particolare diligenza richiesta ai soggetti dediti allo jogging; l’imprevedibilità del mutamento di direzione da parte del corridore; l’irrilevanza della presunta inadeguata velocità del ciclista, in quanto l’urto si verificava tra la spalla sinistra della parte offesa e quella destra dell’imputato, cioè quando i due erano affiancati e la metà anteriore della bicicletta aveva già superato il pedone; la mancanza di un obbligo del ciclista, al di fuori degli ambiti della circolazione stradale, di dotarsi di campanello; l’impossibilità di stabilire la velocità dell’imputato; la ricollegabilità delle lesioni all’urto contro il terreno.

Inoltre sottolineava una serie di fattori che minavano la credibilità e l’attendibilità del dichiarante, il quale, a suo giudizio, era portatore di un interesse patrimoniale ingente, avendo richiesto la somma di quarantaduemila euro a titolo di risarcimento. La controparte, poi, sosteneva che il ciclista provenisse a velocità inadeguata, mentre, avendo lo sguardo rivolto dinanzi a sé, non poteva conoscerne l’andatura; inoltre, non aveva rispettato l’obbligo previsto per i pedoni di transitare, nelle strade sprovviste di marciapiedi o di banchine, lungo il margine opposto alla marcia dei veicoli.

Il ricorrente osservava, infine, che il pedone aveva compiuto un brusco scarto laterale alla propria sinistra di circa 1/1,5 m; qualora la bicicletta lo avesse urtato da tergo, l’impatto sarebbe avvenuto con la ruota anteriore o col manubrio ed avrebbe riportato lesioni agli arti inferiori o all’altezza dell’anca.
La Cassazione, tuttavia, con la sentenza n. 13591/2020 ha ritenuto il ricorso è manifestamente infondato.

Per i Giudici Ermellini, infatti, il Tribunale aveva dato adeguatamente conto delle ragioni della propria decisione, la quale era sorretta da motivazione lineare e coerente e, pertanto, sottratta a ogni sindacato in sede di legittimità. Il giudice a quo aveva illustrato le ragioni della credibilità e dell’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, ritenendole compatibili con le lesioni da essa subite e con tutti gli ulteriori elementi probatori acquisiti.

Nella sentenza impugnata la responsabilità era stata affermata alla luce della riscontrata violazione delle regole generali di prudenza e di diligenza e della prevedibilità della presenza di corridori e dei loro ipotetici spostamenti laterali, in quanto l’imputato avrebbe dovuto moderare la velocità e superare la parte offesa, mantenendo da lui un ampio margine di distanza di sicurezza.


Riferimenti:

 
https://responsabilecivile.it/velocita-eccessiva-in-un-parco-ciclista-condannato-per-lesioni-a-pedone/

 
http://www.ciclistaurbano.net/leggi-sentenze/cassazione_13591_2020.pdf

 
https://www.sicurauto.it/news/codice-della-strada/incidente-tra-ciclista-e-pedone-chi-paga-i-danni/?refresh_ce-cp

 
 
 

Articolo 3113 verificato al 2020-07-09 categoria: Giurisprudenza