Cassazione n. 6284 anno 2008 – Incidente con Velocipede - Fondo vittime della strada

 

Corte di Cassazione numero 6284 del 2008 terza sezione civile



Svolgimento del processo

1. Nel febbraio 1994 Tizio Tizio - dopo che con sentenza n. 782 del 1992 era stata dichiarata dal Tribunale di Udine l’improcedibilità di una precedente domanda, proposta con citazione notificata l\'8 giugno 1981, per la mancata prova del previo invio della richiesta di cui all\'art. 22 della L. n. 990 del 1969 - conveniva in giudizio nuovamente, avanti a quello stesso Tribunale, Caio Caio e la s.p.a. Assicurazioni Alfa, nella qualità di impresa designata per il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, chiedendone la condanna solidale al risarcimento dei danni sofferti in occasione di un incidente stradale verificatosi il 30 gennaio 1979 sulla strada tra Sempronio e Mevio, allorché essa attrice, alla guida della sua bicicletta era stata investita da un\'autovettura di proprietà e condotta dal Caio.

Nella resistenza all\'azione di entrambi i convenuti, che eccepivano la prescrizione della pretesa e che la causazione dell\'incidente era da ascrivere soltanto alla Tizio, come risultava dalla disposta archiviazione del procedimento penale, l\'adito Tribunale, con sentenza del 12 maggio 1997, accertata la responsabilità di entrambi i conducenti ai sensi dell\'art. 2054, secondo comma, cod. civ., condannava i convenuti al risarcimento della metà dei danni accertati, disattendendo fra l\'altro l\'eccezione di prescrizione dell\'azione, nel presupposto che la prescrizione breve - nella specie riconducibile all\'art. 2947 cod. civ. - fosse stata interrotta da una lettera spedita l\'il dicembre 1979, ancorché essa fosse stata inviata non alla sede legale della società assicuratrice ma al suo ufficio sinistri di Udine.

Inoltre, in accoglimento della domanda di rivalsa proposta dalla società assicuratrice per non essere il Caio assicurato, condannava quest\'ultimo a tenerla indenne delle conseguenze della soccombenza verso la Tizio, mentre compensava le spese fra la società ed il Caio.
La sentenza veniva appellata in via principale dal Caio ed in via incidentale tardiva dalla società assicuratrice con riferimento alla statuizione relativa alle spese nel rapporto fra essa ed il Caio. Resisteva all\'appello Tizio Tizio.

Il processo veniva interrotto per la morte dell\'appellata e riassunto dal Caio nei confronti dell\'erede della medesima, Annamaria Tizio.
Con sentenza del 4 maggio 2002 la Corte d\'Appello di Trieste ha accolto entrambi gli appelli nel presupposto che fosse fondata l\'eccezione di prescrizione ed in riforma della sentenza di primo grado ha respinto la domanda nei confronti sia del Caio che delle Assicurazioni Alfa s.p.a., con totale compensazione delle spese dei due gradi.

p. 1.1. La sentenza si fonda, per quanto ancora in questa sede interessa, sulle seguenti ragioni: era infondata l\'eccezione dell\'appellata di inammissibilità dell\'appello incidentale tardivo delle Assicurazioni Alfa s.p.a., “considerato che si versa(va) in ipotesi di litisconsorzio processuale necessario, trattandosi di cause tra loro dipendenti e cioè tali che, essendo state decise in primo grado in un unico processo, debbono rimanere unite anche nella fase di gravame”, onde “in tali casi l\'appello incidentale tardivo, oltre alla possibilità di investire anche capi di sentenza diversi da quelli impugnati in via principale, può avere ad oggetto questioni riguardanti una parte diversa dall\'appellante principale”; alla lettera dell\'11 dicembre 1979 non poteva riconoscersi alcuna idoneità ad interrompere la prescrizione, non essendo stata essa indirizzata alla sede legale della società assicuratrice, ma all\'Ufficio Sinistri di Udine e tenuto conto che non poteva valere il principio per cui la richiesta di cui all\'art. 22 della L n. 990 del 1969 può essere inviato all\'agenzia dell\'impresa assicuratrice ove è stato concluso il contratto, in quanto nella specie le Assicurazioni Alfa erano state convenute in giudizio non in proprio, ma nella veste di impresa designata per il Fondo di garanzia per le vittime della strada, onde essa avrebbe dovuto essere costituita in mora presso la sua sede legale, essendo il suo Ufficio Sinistri competente solo a ricevere le richieste risarcitorie delle quali detta società doveva rispondere in proprio; conseguentemente, non potendosi riconoscere alla suddetta lettera l\'efficacia di atto interruttivo della prescrizione, il relativo termine biennale doveva reputarsi consumato all\'atto della notificazione del primo atto di citazione dell\'8 giugno 1981.

p. 2. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione Annamaria Tizio contro il Caio e le Assicurazioni Alfa s.p.a., peraltro svolgendo tre motivi nei confronti solo di quest\'ultima ed adducendo nel ricorso di prestare acquiescenza alla sentenza impugnata quanto alla statuizione nei confronti del Caio.

Ha resistito la s.p.a. Assicurazioni Alfa con controricorso.

p. 3. La trattazione del ricorso veniva fissata nell\'udienza del 3 maggio 2007, nella quale la Corte, rilevati che la notifica del ricorso era rimasta ineseguita nei confronti del Caio e che si verteva in ipotesi di litisconsorzio necessario iniziale e, dunque, in ipotesi di causa inscindibile, ordinava l\'integrazione del contraddittorio nei riguardi del Caio, nel rispetto dell\'ultimo comma dell\'art. 330 c.p.c. ed ai sensi dell\'art. 371 bis c.p.c.
Tale ordine è stato tempestivamente eseguito dalla parte ricorrente, che ha anche osservate le modalità di documentazione previste nell\'ordinanza del 3 maggio 2007.
In conseguenza è stata fissata nuovamente la trattazione del ricorso.
Motivi della decisione
p. 1. Con il primo motivo di ricorso si deduce \violazione o falsa applicazione dell\'art. 334 c.p.c. ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 nn. 3 e 5)\, sotto il profilo che l\'appello incidentale tardivo della s.p.a. Assicurazioni Alfa avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, in quanto di contenuto meramente adesivo rispetto all\'appello principale del Caio, che era stato introdotto soltanto contro la Cortese.
Con il secondo motivo si lamenta \violazione o falsa applicazione degli artt. 10 d.P.R. n. 45 del 16 gennaio 1981 e 22 della L n. 990 del 1969 ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c)\, censurandosi la valutazione con la quale la Corte territoriale ha negato che la lettera raccomandata dell\'11 dicembre 1979 avesse avuto efficacia interruttiva della prescrizione per essere stata inviata all\'Ufficio Sinistri della società assicuratrice e non alla sua sede legale.

Il terzo motivo si duole di “violazione o falsa applicazione degli artt. 2947 e 2935 c.c. ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia {art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.)\. Si sostiene che, se anche la citata lettera fosse da considerare inidonea a spiegare l\'effetto interruttivo della prescrizione, l\'interruzione si sarebbe verificata per effetto dell\'atto di citazione dell\'8 giugno 1981, in quanto il termine prescrizionale sarebbe decorso, in quanto la ricorrente aveva appreso la mancanza della copertura assicurativa della S.a.i. s.p.a. a favore del Caio soltanto in data prossima al 27 novembre 1979, allorché il legale di quella società ne aveva dato comunicazione.

Prima di quella comunicazione il diritto al risarcimento non sarebbe stato esercitatile e, quindi, la prescrizione non poteva essere decorsa.

p. 2. Il primo motivo di ricorso non è fondato.

Va premesso che la controversia oggetto della lite è caratterizzata dall\'esistenza di un litisconsorzio necessario iniziale, previsto dalla legge, riguardo alla domanda proposta da Tizio Tizio nei confronti della società assicuratrice quale impresa designata (art. 23, secondo inciso, della L. n. 990 del 1969). La Tizio, l\'impresa designata ed il Caio erano, dunque, litisconsorti necessari rispetto a tale azione. L\'oggetto del giudizio - che comprendeva anche la domanda di condanna al risarcimento nei confronti del Caio quale danneggiante responsabile - era stato, inoltre, ampliato dalla domanda di manleva proposta dalla società assicuratrice contro il Caio, per il caso di soccombenza verso la Tizio.

Riguardo alla statuizione della sentenza di primo grado sulla domanda contro l\'impresa designata, in sede di appello sussisteva, come sempre quando ricorre un litisconsorzio necessario iniziale, una situazione di inscindibilità fra la posizione del Caio, quella dell\'impresa designata e quella della danneggiata, mentre, rispetto alla domanda di manleva, sussisteva nesso di dipendenza, avendo la sentenza di primo grado riconosciuto fondata tale domanda sul presupposto della fondatezza di quella della danneggiata Tizio pretese. Nel giudizio di appello era, pertanto, obbligatoria la partecipazione di tutte e tre le parti e quella della società assicuratrice lo era a doppio titolo, cioè sia per l’inscindibilità della causa sulla domanda di risarcimento danni della Tizio, sia per la dipendenza della causa di manleva, in ragione della statuizione adottata dal Tribunale in primo grado.

Ora, con l\'appello principale - come si rileva dal fascicolo d\'ufficio - il Caio fece valere una serie di motivi diretti ad ottenere la riforma totale o, subordinatamente, parziale della sentenza quanto alla riconosciuta sua responsabilità in relazione alla domanda risarcitoria. E\' evidente che l\'eventuale accoglimento totale o parziale dell\'appello principale avrebbe riverberato effetti sulla decisione di primo grado per quanto attiene alla domanda di manleva.

A sua volta, con la comparsa di costituzione espressamente propositiva anche di appello incidentale tardivo, la s.p.a.
Assicurazioni Alfa - a parte il formale riferimento di tale appello (come emerge dalla pagina sei in fine e dalla sette all\'inizio della comparsa, che si legge nel fascicolo d\'ufficio) alla statuizione sulle spese della sentenza di primo grado riguardo al capo di sentenza concernente le sole spese nel rapporto con il Caio, cioè le spese giudiziali relative alla causa di manleva - propose avverso la sentenza stessa, quanto alla statuizione sulla domanda di risarcimento danni, le medesime argomentazioni, cioè gli stessi motivi, svolti nella citazione in appello dal Caio, con l\'unica eccezione (pagina quattro, punto 5, della comparsa) della deduzione di violazione del massimale esistente all\'epoca del sinistro.

Da siffatto tenore della comparsa di appello discende quanto segue:

a) la comparsa di appello aveva formale qualificazione di appello incidentale solo limitatamente alla statuizione sulle spese relative alla statuizione sulla domanda di manleva e come tale, concernendo esclusivamente il profilo della causa dipendente, era un appello pienamente ammissibile ai sensi dell\'art. 334 c.p.c, non avendo affatto - per ovvie ragioni, cioè per il suo riferirsi a statuizione diversa da quella attinta dall\'appello principale - carattere adesivo;

b) la comparsa di appello aveva natura sostanziale (e non formale, cioè non era qualificata tale) di appello incidentale quanto alla deduzione relativa alla violazione del massimale e sotto tale profilo - concernendo solo un aspetto dell\'obbligazione risarcitoria, relativo alla posizione della sola impresa designata e, quindi, di suo esclusivo interesse, e, come tale, non impugnato e non impugnabile (per difetto di interesse) dal Caio - era pienamente legittimo ai sensi dell\'art. 334 c.p.c;

c) la comparsa di appello aveva contenuto adesivo, o meglio ripetitivo degli stessi motivi svolti dall\'appellante principale per le restanti critiche alla sentenza di primo grado.

Nella descritta situazione, la Corte d\'Appello non si trovava investita di alcun preteso appello incidentale riguardo alle argomentazioni della comparsa della s.p.a. Assicurazioni Alfa ripetitive degli stessi motivi dell\'appello principale. Se rispetto a tali argomentazioni detta società avesse prospettato la qualificazione di appello incidentale tardivo, la Corte territoriale si sarebbe dovuta porre il problema della correttezza di tale qualificazione di un simile appello ed avrebbe dovuto considerare l\'appello non riconducibile all\'art. 334 c.p.c..

Infatti, l\'art. 334 c.p.c, allorquando ammette l\'impugnazione incidentale tardiva della parte chiamata ad integrare il contraddittorio ai sensi dell\'art. 331 c.p.c., intende legittimare il litisconsorte pretermesso dall\'impugnazione principale a svolgere ragioni di impugnazione ulteriori (anche se comuni alla posizione di chi ha formulato l\'impugnazione in via principale) rispetto alla sentenza e non a proporre in via adesiva le stesse ragioni di impugnazioni già prospettate con l\'impugnazione principale, così dando luogo ad un\'autonoma impugnazione, potendo, invece, queste essere svolte e dovendo intendersi come argomentazioni dirette a sostenere l\'impugnazione principale in quanto già idonea ad incidere - proprio per l\'esistenza della situazione di inscindibilità - sulla sua posizione e non integranti esse stesse autonoma impugnazione.

Ne consegue che, riguardo a tali argomentazioni, è inammissibile, ove proposta dalla parte chiamata ad integrare il contraddittorio, la qualificazione come impugnazione incidentale tardiva di tipo adesivo e, conseguentemente, riguardo ad esse non v\'è necessità di postulare l\'eventuale applicazione dell\'art. 334, secondo comma, c.p.c. ove cada per inammissibilità l\'impugnazione principale, restando esse automaticamente travolte in via diretta, in quanto si tratta di argomentazioni \interne\ a detta impugnazione, rappresentando esse l\'esplicazione del contraddittorio del litisconsorte in riferimento a ciò su cui l\'impugnazione principale ha investito il giudice dell\'impugnazione. Ed anzi dell\'impugnazione principale seguono la sorte anche allorché essa venga dichiarata improcedibile (a differenza di quanto avviene nel caso dell\'art. 334, secondo comma, per il caso di impugnazione incidentale tardiva: si veda Cass. n. 6220 del 2005, seguita da Cass. (ord.) n. 19177 del 2005. In senso contrario, peraltro, ma con argomenti non condivisibili, Cass. 9452 del 2006 e n. 28422 del 2005).

Principi analoghi, per evidenti ragioni, debbono trovare applicazione allorquando la parte di una causa inscindibile sia stata evocata - come nella specie - in giudizio e si difenda oppure, non essendo stata evocata, si costituisca spontaneamente integrando il contraddittorio: essa non svolge impugnazione incidentale se ripropone i motivi di impugnazione posti a base dell\'impugnazione principale ma svolge attività difensiva interna ad essa. Svolge, invece, legittimamente impugnazione incidentale, se del caso anche tardiva, ai sensi dell\'art. 334 c.p.c, allorquando proponga motivi ulteriori rispetto allo stesso capo di sentenza impugnato dell\'impugnate principale, ancorché riguardanti la posizione comune, o altri capi non impugnati (si veda, per un\'applicazione in riferimento a controversia in materia di risarcimento danni da circolazione stradale, Cass. n. 14601 del 2005).

In definitiva un\'impugnazione incidentale di natura adesiva, anche da parte di chi si trovi in situazione riconducibile all\'art. 331 c.p.c, è, dunque, possibile soltanto con l\'osservanza del termine per impugnare in concreto operante e non è ammissibile come impugnazione ai sensi dell\'art. 334 c.p.c. (si veda, sostanzialmente in questo senso, Cass. n. 9710 del 2002; in altre decisioni, ai colgono, almeno a stare alle massime, affermazioni equivoche, tendenti ad ammettere l\'impugnazione adesiva tardiva quando vi sia integrazione del contraddittorio ai sensi dell\'art. 331 c.p.c, il che non può essere per le ragioni indicate: si vedano Cass. n. 22054 del 2004; n. 3039 del 1982; n. 3191 del 1991).

La riproposizione delle difese già svolte con l\'appello principale da altro litisconsorte necessario o comunque da altra parte in causa inscindibile non ha natura di appello incidentale, in quanto quelle difese sono già oggetto della devozione in sede di impugnazione e lo sono anche in funzione di una incidenza sulla posizione di chi li ripropone.

p. 2.1. Poste queste premesse, si rileva che la sentenza d\'appello impugnata, come emerge sia dalla parte in cui riferisce le difese svolte dalla s.p.a. Assicurazioni Alfa (pagina undici) sia dall\'esordio della motivazione, sia dalle statuizioni del suo dispositivo (in cui ha accolto sia l\'appello principale, sia il preteso appello incidentale), ha qualificato come appello incidentale tardivo - ancorché non lo avesse fatto la detta società nella sua comparsa - le argomentazioni svolte dalla medesima negli stessi termini dell\'appellante principale. Come tali le ha accolte.

Tale statuizione è soltanto formalmente illegittima, in quanto un appello incidentale tardivo della s.p.a.

Assicurazioni Alfa basato su identiche ragioni rispetto a quelle svolte con l\'appello principale non vi era per le ragioni ora dette {ve n\'era uno basato sulla deduzione della violazione del massimale e altro relativo alla causa dipendente inerente l\'azione di manleva), ma non ha determinato alcun ingiustizia della sentenza sotto il profilo che si sarebbe ritenuto ammissibile un appello incidentale tardivo. Ciò che è stato deciso è, in effetti, soltanto l\'appello principale del Caio, i cui effetti, in ragione della situazione di inscindibilità, si estendevano automaticamente alla società resistente.

Sul punto la sentenza impugnata merita solo di essere corretta quanto alla motivazione, nel senso che, nel riformare la sentenza di primo grado impugnata, non l\'ha fatto perché investita da un appello incidentale della società, bensì sulla base dell\'estensione ad essa degli effetti dell\'appello del Caio, ai cui motivi la società aveva aderito, senza proporre una impugnazione incidentale.

p. 3. Il secondo motivo è fondato in relazione alla violazione dell\'art. 22 della l n. 990 del 1969 e la sua fondatezza sotto tale profilo determina l\'assorbimento del terzo motivo.

La sentenza impugnata ha, infatti, erroneamente disconosciuto efficacia interruttiva della prescrizione alla richiesta risarcitoria di cui alla lettere dell\'11 settembre 1979 sulla base di due gradate ragioni. In primo luogo, perché la lettera non venne inviata alla sede della società assicurativa, bensì al suo Ufficio Sinistri, che sarebbe stato invece competente solo in ordine ai sinistri relativi a polizze assicurative stipulate da detta società e non a quelli in cui, come nella specie, essa era chiamata a rispondere quale impresa designata. In secondo luogo, perché nella fattispecie non poteva nemmeno valere, sempre per tale ultima ragione, il principio della idoneità di una richiesta anche se inviata all\'agenzia presso la quale è stipulato il contratto, che invece avrebbe valore per la richiesta indirizzata verso la società assicuratrice per i sinistri relativi a polizze di sua pertinenza.

In tale motivazione si coglie una chiara eco dell\'insegnamento di cui alla sentenza n. 7584 del 1995 di questa Corte (secondo cui “In tema di assicurazione obbligatoria della R.c.a., l\'onere dell\'invio della lettera raccomandata contenente la richiesta di risarcimento del danno previsto dall\'art. 22 legge n. 990/69, è adempiuto qualora la suddetta lettera sia inviata all\'agenzia dell\'impresa assicuratrice presso la quale è stato concluso il contratto”; in senso contrario, in precedenza, Cass. n. 7150 del 1993), che si ritiene inapplicabile nella fattispecie, per la ragione che la responsabilità della società qui resistente non è fatta valere in forza di un contratto da essa stipulato: in sostanza la Corte territoriale ha ritenuto che nello specifico caso di richiesta verso l\'impresa designata l\'orientamento estensivo avallato dalla citata decisione non sarebbe applicabile.

Nella motivazione, viceversa, non si coglie alcun riferimento alla norma dell\'art. 10 del d.P.R. 45 del 1981, di cui parte ricorrente ha denunciato la violazione e di cui parte resistente ha dedotto la non pertinenza alla fattispecie.

Ora, a proposito dell\'ambito di applicabilità di tale norma - su cui, come, del resto, sulla sua interpretazione, questa Corte non risulta essersi pronunciata: una sua indiretta evocazione v\'è però proprio nella sentenza n. 7584 del 1995, che, in sostanza ritenne applicabile i principi in essa espressi anche prima della sua entrata in vigore - questa Corte non risulta essersi pronunciata. La posizione assunta dalla dottrina, che la ritenne norma riferibile alla procedura di rapida liquidazione, di cui al d.l. n. 857 del 1977, con-vertito, con modificazioni, nella L. n. 39 del 1977, è condivisibile se si allude ad un\'applicazione diretta, atteso che i chiari riferimenti contenuti nell\'art. 8 del d.P.R. n. 45 del 1981 lo fanno manifesto.
Questione diversa sarebbe quella della possibilità di una sua applicazione estensiva o analogica al di fuori di quell\'ambito, come suppone inconsapevolmente il motivo di ricorso, non mostrando di avere consapevolezza dell\'ambito di applicabilità diretta della norma.

Ma su tale possibilità non merita soffermarsi, atteso che la sentenza impugnata è erronea per violazione diretta dell\'art. 22 della L. n. 990 del 1969 a prescindere dalla invocabilità della norma dell\'art. 10, là dove ha escluso la idoneità della citata lettera a fungere da richiesta risarcitoria e, quindi, di riflesso a svolgere efficacia interruttiva della prescrizione, perché essa avrebbe dovuto inviarsi alla sede della società qui resistente.

Questa conclusione, infatti, non considera che la richiesta di risarcimento, di cui all\'art. 22 della L. n. 990 del 1969, quale atto recettizio, in assenza di una specifica disciplina dettata dal legislatore (come nell\'ambito di cui all\'art. io del d.P.R. citato) vede regolata la sua efficacia dalle norme Alfa del codice civile in punto di efficacia degli atti unilaterali recettivi, cioè dagli artt. 1334 e 1335 c.c.. In particolare, questa seconda norma, in punto di pervenimento a conoscenza del destinatario dell\'atto recettizio pone una presunzione, quella per cui tale conoscenza si presume quando l\'atto è pervenuto a quello che denomina \indirizzo del destinatario\. Ebbene, ove si consideri che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, per \indirizzo\ ai sensi di tale norma si deve intendere il luogo che per collegamento ordinario o per normale frequenza o per preventiva indicazione o pattuizione, risulti in concreto nella sfera di dominio e controllo del destinatario stesso, sì da apparire idoneo a consentirgli la ricezione dell\'atto e la cognizione del suo contenuto (così Cass. n. 4140 del 1999), appare chiaro che, in riferimento ad una persona giuridica come una società assicurativa, l\'ufficio sinistri di una determinata zona geografica si può considerare certamente come un idoneo indirizzo. Trattasi, invero, di struttura dell\'organizzazione societaria che certamente si deve reputare nel suo completo dominio. Ne consegue che il pervenimento della richiesta in questione all\'ufficio sinistri della qui resistente determinò l\'insorgenza della presunzione di conoscenza e, quindi, dell\'efficacia della richiesta di risarcimento danni, con il consequenziale effetto interruttivo della prescrizione. Tale efficacia avrebbe potuto essere contestata dalla società resistente soltanto attraverso un\'attività di allegazione volta ad evidenziare e dimostrare che per determinate circostanze si fosse verificata un\'alterazione della situazione di dominio della struttura costituita dall\'ufficio sinistri, tale da determinare l\'impossibilità di avere notizia della richiesta da parte della società resistente senza sua colpa. In difetto di tale allegazione, che non vi è stata, la lettera avrebbe dovuto e deve considerarsi idonea a svolgere la sua funzione ai sensi dell\'art. 22 citato e, quindi, idonea a spiegare l\'effetto interruttivo.

La tesi della Corte territoriale che assume il principio per cui la richiesta di risarcimento, nel caso in cui sia rivolta ad un\'impresa designata, debba essere inviata esclusivamente alla sede della società designata come tale, è, dunque, priva di fondamento perché attribuisce, senza alcun fondamento normativo (posto che il riferimento alla sede di una società come luogo precipuo, ma peraltro non esclusivo, di destinazione degli atti è conosciuto nel diverso sistema delle notificazioni degli atti processuali: art. 145 c.p.c.), rilievo esclusivo alla sede della società senza considerare che la richiesta non sfugge al disposto delle citate norme del codice civile e, quindi, è atto che può conseguire la sua efficacia pervenendo ad un indirizzo della società assicuratrice, qualora non sia data la prova richiesta dall\'art. 1335 per il superamento della presunzione di conoscenza (e, quindi, di efficacia) così verificatasi.

Inquadrato nel contesto del sistema di cui a tali norme;anche lo stesso art. 10 del ricordato d.P.R. assume in buona sostanza il rilievo di rendere i luoghi che indica - i quali sarebbero verosimilmente tutti considerabili idonei \indirizzi\ della società assicuratrice - in luoghi riguardo ai quali la società non può nemmeno vincere la presunzione di cui all\'art. 1335 c.c..

La sentenza impugnata dev\'essere, dunque, cassata con rinvio alla Corte d\'Appello di Trieste in diversa composizione, in applicazione del seguente principio di diritto: “la richiesta di risarcimento del danno da r.c.a. ad un\'impresa designata in funzione dell\'esercizio dell\'azione di cui all\'art. 19, primo comma, lettera b) della L. n.990 del 1969, quale atto giuridico in senso stretto avente natura unilaterale recettizia è da ritenere soggetta, nel silenzio del legislatore nell\'art. 22 di tale legge, alla disciplina di cui agli artt. 1334 e 1335 c.c.. Ne consegue che una richiesta inviata all\'ufficio sinistri di detta impresa, che sarebbe territorialmente competente per la liquidazione dei sinistri relativi a contratti assicurativi direttamente da essa stipulati, in quanto, ai sensi dell\'art.

1335 c.c., è da considerarsi pervenuta ad un luogo che si deve considerare indirizzo di tale impresa, essendo nel suo dominio, è da reputare idonea a produrre gli effetti dell\'art. 22 di detta legge e a svolgere, dunque, efficacia interruttiva della prescrizione, in difetto di allegazione e prova da parte dell\'impresa di essere stata nell\'impossibilità di averne notizia senza colpa”.

La Corte di rinvio applicherà tale principio considerando che l\'impresa resistente nella specie non ha allegato di essere stata in tale impossibilità e, quindi, considererà la lettera dell\'11 settembre 1979 idonea agli effetti di cui all\'art. 22 citato e, quindi, valido atto interruttivo della prescrizione.
Il giudice di rinvio provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d\'Appello di Trieste in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Roma, 10 dicembre 2007 Pubblicata il 10 marzo 2008


 
 
 

Articolo 1436 verificato al 2018-02-12 categoria: Giurisprudenza