Mai lasciare il cane incustodito Se combina guai si è sempre in torto Sentenza della Cassazione su una zuffa tra due cani avvenuta in zona di campagna. Il proprietario del cane lasciato libero dovrà pagare una pena pecuniaria di 5 mila euroDovrà pagare una pena pecuniaria di 5mila euro il proprietario di un cane che, scappato dal giardino della casa dove viveva s’è azzuffato con un altro quattrozampe che passava per strada portato al guinzaglio dal proprietario, il quale a sua volta nel tentativo di dividere gli animali è rimasto ferito ad una mano. Il fatto è avvenuto nel Bolognese. Lo ha stabilito la VI sezione penale della Corte di Cassazione, scrivendo così la parola fine ad una vicenda che risale a cinque anni fa. La sentenza (n.41963) è del 14 settembre scorso. Ne dà notizia il sito Cassazione.net. L’«omessa custodia» «I giudici in sostanza parlano di omessa custodia — spiega Debora Alberici, giurista e ideatrice del sito on line che dedica anche una sezione al mondo animale — e applicano l’art. 590 del Codice penale. Il proprietario del cane fuggito dalla villetta s’è difeso sostenendo che i due cani si sono incontrati in una strada di campagna dove si può presumere circolino cani senza guinzaglio» . Ma i giudici hanno chiarito che l’altro proprietario pur avendo visto il cane in libertà non era tenuto ad arretrare e hanno confermato la condanna del tribunale. «È correttissimo — commenta la giurista — che un cane debba essere custodito sempre, anche in zone di campagna » . Cosa fare in questi casi C’è una scuola di pensiero secondo cui , qualora due cani si azzuffino, sia meglio che l’uomo non intervenga. Perché quando tra i due si sarà stabilito un rapporto gerarchico la zuffa terminerà. «Se l’aggressore è determinato, l’altro cane non potrà essere sottratto agli esiti determinati da un tipico combattimento tra cani — aggiunge Daniele Mazzini, istruttore ed educatore —. Inoltre le nostre azioni, se non mirate come quelle che potrebbero essere messe in atto da un navigato addestratore cinofilo, ci farebbero subire lesioni anche gravi agli arti» . Se entrambi i due contendenti sono piccoli, aggiunge Mazzini, «suggerisco il semplice sollevamento tramite guinzaglio, cosa da evitare se l’aggressore è invece di media o grossa taglia. Infine, sconsiglio di utilizzare spray al peperoncino o altri strumenti che possono provocare dolore, perché se il cane è deciso a mordere il dolore potrebbe aumentare la sua determinazione. Suggerisco invece di usare come idrante verso il muso del cane una borraccia tipo ciclista. Non c’è la garanzia di fermare la lotta ma l’effetto sulla psiche del cane è, spesso, così destabilizzante da produrre un momento abbastanza lungo di “perplessità ” utile alla riduzione o remissione della aggressività» Confermata in Cassazione la sentenza del Giudice di Pace di Mantova che aveva condannato un imputato per “lesioni colpose”, cagionate ad un soggetto dal morso del cane di sua proprietà. L’imputato era stato condannato in quanto questi non avrebbe “adottato tutti gli accorgimenti atti a tenere sotto controllo il proprio cane pastore tedesco”, che era fuggito dall’abitazione dell’imputato e aveva aggredito il danneggiato, procurandogli diverse ferite ed escoriazioni, giudicate guaribili in sette giorni. L’imputato quindi aveva impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione sostenendo che la persona offesa, passeggiando in campagna con il proprio cane, avrebbe “palesamente accettato il rischio dell’incontro con un altro cane, non essendo infrequente che in una casa in campagna vi sia un animale libero, anche solo temporaneamente”; conseguentemente, poiché la persona offesa avrebbe dovuto prevedere la possibilità di uno scontro fra cani, la stessa avrebbe dovuto effettuare una “manovra di retromarcia, non essendo peraltro obbligato il passaggio nei pressi dell’abitazione del ricorrente”. La Corte di Cassazione, ha rigettato il ricorso ritenendolo infondato poiché il Giudice di Pace aveva del tutto correttamente ritenuto che, nel caso di specie, la condotta della persona offesa non avesse, né interrotto il nesso causale, né integrato un’ipotesi di “caso fortuito”. -------------------------------- LA SENTENZA IN DETTAGLIO --------------------------------- REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. IZZO Fausto – Presidente Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere Dott. TANGA Antonio Leonardo – Consigliere Dott. CENCI Daniele – rel. Consigliere Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); avverso la sentenza del 09/01/2015 del GIUDICE DI PACE di MANTOVA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/01/2017, la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CENCI; Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SPINACI Sante, che ha concluso per il rigetto dle ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il Giudice di pace di Mantova il 9 gennaio 2015 ha ritenuto (OMISSIS) responsabile del reato di lesioni colpose in danno di (OMISSIS), fatto contestato come commesso il (OMISSIS), ed ha conseguentemente condannato l’imputato, senza attenuanti, alla pena di trecento Euro di multa. 2. La contestazione nei confronti di (OMISSIS) e’ quella di avere, per colpa generica, consistita nel non avere adottato tutti gli accorgimenti atti a tenere sotto controllo il proprio cane pastore tedesco, che, fuggito dall’abitazione dello stesso (OMISSIS), aggrediva (OMISSIS), procurato a quest’ultimo lesioni personali consiste in ferite lacero contuse ed escoriazioni del palmo e del dorso della mano sinistra, giudicate guaribili in sette giorni salvo complicazioni. 3. Ricorre per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite difensore, che si affida a cinque motivi: mediante i primi due deduce violazione di legge; con gli ulteriori tre promiscuamente violazione di legge e difetto motivazionale. 3.1. Con il primo motivo censura inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, sotto il profilo della dedotta carenza degli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’articolo 590 c.p., con particolare riferimento all’elemento oggettivo, sub specie di nesso di causalita’. Ad avviso del ricorrente, infatti, sarebbero stati omessi nella ricostruzione da parte del giudice di merito elementi fattuali, pur emersi dell’istruttoria, che, invece, ove tenuti in considerazione e correttamente valutati, avrebbero dovuto condurre all’assoluzione dell’imputato. Si tratta dello stato dei luoghi e del contesto abitativo, anche fotograficamente dimostrato, essendo i fatti maturati in una zona di campagna, in prossimita’ della casa dell’imputato, lungo una strada sterrata generalmente non frequentata, e cio’ a maggior ragione il giorno di Natale, verso l’imbrunire, quando un gruppo di persone, tra cui la vittima, con cani al seguito, si sono avventurati a passeggio, cosi’ venendo ad introdurre un imprevedibile elemento di anomalia e di eccezionalita’ tale da interrompere, quale causa sopravvenuta, il nesso di causalita’ tra la contestazione di omessa vigilanza sul proprio cane da parte di (OMISSIS) e l’evento concretamente occorso. 3.2. Si denunzia, poi, ulteriore inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, sotto il profilo della dedotta carenza dell’elemento soggettivo della fattispecie di cui all’articolo 590 c.p.. Nel contesto fattuale suaccennato il fatto del terzo, cioe’ la condotta delle persone diverse dall’imputato, tra cui (OMISSIS), e la colpa del danneggiato verrebbero a costituire caso fortuito rilevante, secondo il ricorrente, ai sensi dell’articolo 45 c.p., con conseguente esclusione della responsabilita’ dell’imputato in relazione alla custodia del proprio cane. In ogni caso – si ritiene – le persone che passeggiavano in campagna, tra cui la p.o., in compagnia dei loro cani, avrebbero palesamente accettato il rischio dell’incontro con un altro cane, non essendo infrequente che in una casa in campagna vi sia un animale libero, anche solo temporaneamente. Sarebbe stato prevedibile infatti, secondo il ricorrente, che, anche per un senso di territorialita’, sarebbe potuto accadere uno scontro tra cani, sicche’ sarebbe stata opportuna da parte del gruppetto intento alla passeggiata pomeridiana una – sensata – manovra di retromarcia, non essendo peraltro obbligato il passaggio nei pressi dell’abitazione del ricorrente. La frapposizione di (OMISSIS), infine, tra gli animali in lotta sarebbe stata una manovra non necessaria, azzardata, pericolosa, inopportuna ed imprevedibile. 3.3. La sentenza sarebbe, poi, nulla per mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione relativamente alla valutazione delle prove costituite dalla molteplici dichiarazioni testimoniali. Si sottolineano le ritenute divergenze tra le plurime testimonianze assunte, in parte riferite testualmente nel ricorso ed allo stesso allegate, per inferirne che le stimate contraddizioni circa la dinamica dell’accaduto non consentirebbero di ritenere provata la penale responsabilita’ dell’imputato, illegittimamente affermata, in – ritenuta – violazione dell’articolo 192 c.p.p., comma 1, e con motivazione che si stima essere soltanto apparente. 3.4. Ulteriore profilo di illegittimita’ discenderebbe dall’avere qualificato il fatto come delitto di lesioni colpose, anziche’ come contravvenzione di omessa custodia e malgoverno di animali, ex articolo 672 c.p., peraltro di recente depenalizzata, tra l’altro non risultando, almeno ad avviso dello scrivente, che sia stato proprio il cane dell’imputato a ferire (OMISSIS). 3.5. Si denunzia, infine, violazione degli articoli 133 e 62-bis c.p., per non avere il giudice spiegato la decisione di applicare la multa nella misura di 300,00 Euro e di non concedere le attenuanti generiche, nonostante l’incensuratezza dell’imputato ed il comportamento processuale, avendo peraltro per due volte (OMISSIS) offerto una somma alla parte lesa. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso, al di la’ delle categoria giuridiche apparentemente evocate da (OMISSIS), risulta basato (v. infatti i punti nn. 3.1., 3.2. e 3.3. del “ritenuto in fatto”) soltanto su dedotti difetti motivazionali, che in realta’ non sono sussistenti, in quanto il ricorrente, a ben vedere, auspica una diversa ricostruzione degli accadimenti, ipoteticamente favorevole alla difesa dell’imputato, a fronte di una ricostruzione del giudice di merito che, sintetica siccome normativamente previsto (Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articolo 32, comma 4), appare logica ed immune da vizi sindacabili in sede di legittimita’. 1.1. Secondo la dinamica congruamente ricostruita dal giudice di pace (v. p. 2 della sentenza impugnata), non e’ ravvisabile ne’ l’interruzione del nesso causale ne’ l’intervento del caso fortuito (punti nn. 3.1. e 3.2. del “ritenuto in fatto”), che deriverebbero, secondo la – meramente assertiva – prospettazione del ricorrente, dall’avere la persona offesa scelto di fare una passeggiata in campagna, ne’ violazione dell’articolo 192 c.p.p. (punto n. 3.3. del “ritenuto in fatto”) ne’, infine, dell’articolo 672 c.p. (punto n. 3.4. del “ritenuto in fatto”): in particolare, si prende atto che, secondo gli accertamenti svolti dal giudice di pace, dalla omessa custodia dell’animale sono derivate lesioni, certificate da sanitario, a (OMISSIS), a causa del morso patito da parte del cane pastore tedesco di (OMISSIS), uscito dalla proprieta’ di (OMISSIS) ed entrato in contrasto con i cani della persona offesa e dei suoi accompagnatori. 1.2. In relazione al complessivo trattamento sanzionatorio (punto n. 3.5. del “ritenuto in fatto”), la censura e’ radicalmente destituita di fondamento, per le ragioni che di seguito si illustrano. 1.2.1. Il giudice di merito, infatti, ha scelto di applicare la pena pecuniaria prevista in alternativa a quella detentiva dall’articolo 590 c.p., comma 1, (pena edittale: reclusione fino a tre mesi o multa sino ad Euro 309,00), in misura quasi prossima al massimo: al riguardo appare sufficiente il richiamo alla congruita’ della – assai modesta – sanzione pecuniaria applicata. Infatti la Corte di legittimita’ ha piu’ volte precisato che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed e’ insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor piu’, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equita’ e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’articolo 133 c.p. (cosi’ Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197; in conformita’, tra le altre, Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi e altro; Rv. 256464; Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013, Monterosso, Rv. 255153); la specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantita’ di pena irrogata e’ necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’articolo 133 c.p. le espressioni del tipo “pena congrua” o “pena equa”, come pure il richiamo alla gravita’ del reato o alla capacita’ a delinquere (cosi’, tra la tante, Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, Pasquali, Rv 258356; Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596). Nel caso di specie, il Giudice di pace ha prescelto una pena contenuta nella fascia bassa della forbice edittale, che oscilla tra un minimo di 50,00 Euro di multa ed un massimo di tre mesi di arresto (argg. ex articolo 590 c.p., comma 1, e articolo 24 c.p., comma 1), dovendosi in ogni caso ritenere piu’ grave la sanzione privativa della liberta’ personale rispetto a quella incidente sul patrimonio. 1.2.2. Quanto, poi, alle circostanze attenuanti generiche, posto che le stesse non risultano nemmeno domandate nel grado di merito dalla difesa, che ha concluso per l’assoluzione (v. ultima pagina del verbale dell’udienza del 9 gennaio 2015), deve farsi applicazione del condivisibile principio secondo il quale “Le attenuanti generiche previste dall’articolo 62-bis c.p. sono state introdotte con la funzione di mitigare la rigidita’ dell’originario sistema di calcolo della pena nell’ipotesi di concorso di circostanze di specie diversa e tale funzione, ridotta a seguito della modifica del giudizio di comparazione delle circostanze concorrenti, ha modo di esplicarsi efficacemente solo per rimuovere il limite posto al giudice con la fissazione del minimo edittale, allorche’ questi intenda determinare la pena al di sotto di tale limite, con la conseguenza che, ove questa situazione non ricorra, perche’ il giudice valuta la pena da applicare al dàsopra del limite, il diniego della prevalenza delle generiche diviene solo elemento di calcolo e non costituisce mezzo di determinazione della sanzione e non puo’, quindi, dar luogo ne’ a violazione di legge, ne’ al corrispondente difetto di motivazione” (cosi’ Sez. 3, n. 44883 del 18/07/2014, Cavicchi, Rv. 260627; in termini, v. Sez. 3, ord. n. 369 del 25/01/2000, Rigamonti, Rv. 216572). 2. In conclusione, da tutte le considerazioni svolte discende il rigetto del ricorso e la condanna, per legge (articolo 616 c.p.p.), del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Cosi’ deciso in Roma, il 18 gennaio 2017. Articolo 2744 verificato al 2018-01-17 categoria: Giurisprudenza |