Allenamento in bicicletta per Ciclisti oltre i 70 anni

 

Chi cerca sul web la risposta a questa domanda si imbatte generalmente nella narrazione di storie di ciclisti che a questa età sono in grado di competere ancora con giovani minori di 30-40 anni ma trattasi di una minoranza di soggette che grazie ad un allenamento intenso e costante sono in grado di mantenere prestazoni irraggiungibili alla stragrande maggioranza di ciclisti della stessa età.

Qui non interessa studiare le performance dei 70-80enni che fanno con scioltezza uscite di 100 Km o salite di 10 Km pendenza 10% in meno di un'ora, a questi illustri colleghi auguriamo lunga vita! Ci focalizziamo invece sui ciclisti 'normali' che, ancorché su una bici da corsa tradiscono, a prima vista, una pedalata che li rende inconfondibili ed é la pedalata di chi, nel corso del tempo, ha perso almeno il 30% della massa muscolare per effetto dell'inesorabile invecchiamento.

Con questo articolo cerco di dare e darmi un contributo a questo argomento 'fondendo' insieme alcuni studi sugli effetti dello sport nelle persone anziane, il tutto elaborato dal Ciclista che scrive qui che ha già superato la soglia dei 70 e punta, a Dio, piacendo ai prossimi 'anta'.

Un primo paletto su quale ritengo debba poggiare la tipologia della uscite in bici si basa su uno studio del 2013 che mi ha fatto riflettere e che riguardava i partecipanti al campionato amatoriale di triathlon negli Stati Unti dove é emerso che una parte di ultra 40 finiva gli allenamenti al cimitero causa arresto cardiaco provocato dagli sforzi intensi.(Primo link sotto).

Dato che il ciclista quando decide di pedalare al massimo in salita o quando vuole andare forte per lunghi tratti in pianura si trova in una situazione comparabile al triathlon ho cominciato a moderarmi negli sforzi, anche se il cuore e le gambe mi consentirebbero di fare di più.

Al riguardo, su questo argomento ho avuto modo di leggere il contributo di un cardiologo di un importante istituto cardiologico italiano il quale invece afferma che il ciclista sano, con cuore ok, può fare anche da vecchio gli stessi sforzi che faceva da giovane. Da profano mi sembra una affermazione un pò semplicistica per cui, nel dubbio su dove stia la verità, ritengo che sia saggio applicare il principio di precauzione e stare dalla parte dello studio americano perché é ragionevole ritenere che al vecchio possano essere più dannosi forzi intensi e prolungati rispetto al giovane.

Il secondo paletto del modello che ho elaborato poggia su un studio che affronta in modo convincente i benefici che hanno sul cervello degli anziani gli sport aerobici come pedalare, correre, nuotare. Da tale studio, condotto su un campione di anziani, é stato dimostrato che l'attività sportiva intensa, con sforzo e conseguente incremento significativo del battito cardiaco, ha effetti positivi sulle patologie celebrali degenerative quali demenza senile ma anche ictus perché lo sport intenso provoca una maggiore irrorazione dei vasi sanguigni del cervello , anche dei più piccoli e ciò fa bene alle citate malattie. (Mi scuso per il linguaggio rozzo ma non sono un medico).

Questo studio é avvalorato da un altro studio, leggibile nel secondo link sotto, ove anche li si afferma che gli anziani che fanno sport intenso sono meno soggetti ad ictus rispetto a chi fa sport, seppure per un tempo prolungato, ma con sforzi moderati.

Allora, come coniugare l'esigenza di tutelare il cuore senza fare sforzi eccessivi emersa dallo studio sui partecipanti al triathlon e nel contempo non perdere i vantaggi sul cervello provocati degli sforzi intensi emersi nei recenti studi?


Lo studio relativo ai benefici sul cervello degli sport intensi non precisa la durata di tali sforzi per fare bene al cervello e allora chi scrive qui, in attesa che giungano informazioni più dettagliate, suppone che tali benefici siano efficaci anche se gli sforzi sono di breve durata.

Questo convincimento poggia su un paragone, un pò irriverente per la medicina che vede, la pedalata di forza che spinge sangue al cervello compreso i piccoli vasi sanguigni che se non adeguatamente irrorati tendono a chiudersi (Arteriosclerosi), simile a quanto avviene quando abbiamo il lavandino otturato e immettiamo il liquido sgorgante, esso apre le vie di comunicazione intasate e quando ciò accade non serve che consumiamo tutta la confezione perché sarebbe uno spreco inutile. Sulla base di questo elementare ragionamento credo che per avere gli effetti benefici sul cervello sia sufficiente pedalare per alcuni minuti ogni giorno con sforzo intenso ma non oltre perché di più sarebbe inutile e forse dannoso.

Infatti, quando si passa dalla pedalata tranquilla della pianura e affrontiamo una salita o decidiamo di pedalare forte in pianura, il cuore risponde istantaneamente al maggior sforzo aumentando la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna esercitando su tutti i vasi periferici e quindi anche del cervello una maggiore irrorazione di sangue e mi sembra possa bastare per contrastare le patologie citate. In ogni caso, se da questi studi in futuro dovesse emergere che gli sforzi, oltre che intensi debbano essere anche prolungati, la cosa non mi interessa perché, come detto sopra, io sto dalla parte dello studio sui partecipanti al triathlon e preferisco non correre rischi mettendo sotto sforzo prolungato il cuore.

Sulla base di quanto sopra prende forma la tipologia di uscite che il ciclista ultra 70enne debba fare per massimizzare i benefici degli studi citati minimizzando i rischi di arresto cardiaco per fatica eccessiva senza rinunciare ai benefici sul cervello: Pedalare con moderazione inserendo ad ogni uscita un paio di spunti di forza.

In concreto questo significa pedalare per circa il 90% del tempo della uscita con andatura moderata e quindi con modesto incremento del battito cardiaco ma inserendo un paio di spunti di sforza, della durata massima di circa 3 minuti ciascuno, pedalando vicini alla frequenza cardiaca massima che nell'anziano é molto bassa e vale=220-età, quindi la FCM per un 70enne vale:220-70=150, per un ottantenne 220-80=140 battiti/minuto, per un ventenne vale 220-20=200!!

Il modello che ho messo a punto su me stesso e pratico dal 2016, prevede di uscire tutti i giorni dell'anno in un percorso pianeggiante, di circa 16 Km da compiere in circa un'ora, quindi alla velocità del passeggio, inserendo un paio di spunti di forza della durata non superiore a 3 minuti ciascuno che possono essere dati da qualche strappo o cavalcavia da fare con la massima potenza oppure due sprint se il tracciato su cui pedaliamo non ha nessun cambio di pendenza.

Quando pedaliamo in pianura rilassati la frequenza cardiaca salirà del 20% sul valore a riposo mentre nei due brevi strappi essa potrà arriverà alla frequenza massima.

Il Ciclista che non ha un cardio-frequenzimetro può controllare i battiti con il contasecondi dell'orologio: scende dalla bici e si mette immediatamente a contare i battiti del polso per 15 secondi e poi moltiplica il valore per quattro. Esempio: se in 15 secondi conta 40 battiti significa che il suo cuore in quel momento batte 160 volte al minuto perché 40x4=160.

Nella due fasi dell'allenamento descritto il Ciclista cumula i benefici arcinoti della pedalata normale (Controllo del peso, pressione, diabete e miglioramento sistema immunitario se pedala anche in Inverno) con i benefici, meno noti al momento, della pedalata di forza perché aiuta a contrastare il decadimento del sistema celebrale.

Un cenno anche al percorso da fare. Se siamo arrivati alla nostra età ancora in sella vuol dire che abbiamo l'occhio avanti perché pedalare in Italia é pericoloso. Occorre però ammettere che, almeno stando alla cronaca, sono i Ciclisti anziani quelli più coinvolti in incidenti, perché riflessi, udito e forza calano e in certe situazioni sono carenze che pesano sullo sviluppo di un incidente.

Niente paura, basta esserne coscienti ed elaborare strategie che ci consentano di pedalare in sicurezza per molti anni ancora.

Senza la pretesa di insegnare niente al riguardo dico solo come mi comporto io. Bici con specchietto, casco e giubbino giallo sempre.

Percorro al massimo tre itinerari, sempre quelli, selezionati in base alla loro bassa pericolosità. In questo modo conosco preventivamente i punti critici che non mi colgono impreparato. Ma c'e anche un altro vantaggio nel fare sempre lo stesso giro o un un set di giri perché risulta facile fare un'auto diagnosi del nostro fisico. Se approcciamo sempre la stessa salita(e) breve o lunga che sia abbiamo imparato ad interpretare i segnali che ci invia il corpo in merito al battito cardiaco o alla respirazione. Nel momento in cui arriva il giorno che constatiamo una carenza di fiato o ci sembra che ci sia qualche cosa che non va al cuore abbiamo un segnale precoce da riferire al medico che valuterà il da farsi. Se cambiamo sempre strade é meno semplice fare queste valutazioni e ci esponiamo a maggiori rischi di incidente.


Riferimenti:

 
http://www.ciclistaurbano.net/bicicletta_detail.php?id=1383

 
https://www.corriere.it/salute/cardiologia/10_febbraio_26/sport-fa-bene-dopo-70-anni_7d4a1548-ff91-11de-a791-00144f02aabe.shtml

 
https://www.bikeitalia.it/la-bici-e-cervello-tutti-i-benefici-del-ciclismo-sulla-mente/

 
https://www.bloomberg.com/news/articles/2013-06-20/men-over-40-should-think-twice-before-running-triathlons
 
 
https://www.corriere.it/salute/cardiologia/23_giugno_19/troppo-esercizio-male-cuore-afc1201c-0b8e-11ee-a43e-f9c625e8ed19.shtml

Articolo 2865 verificato al 2023-06-19 categoria: Il Ciclista