Il ciclista, caduto a causa di avvallamenti sul manto stradale, non era stato abbastanza diligente

 

Aveva convenuto in giudizio l’ANAS, chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni patiti a seguito di una caduta dalla bicicletta verificatasi, a suo dire, a causa della presenza di alcuni avvallamenti sul manto stradale.

Espletata prova per testi e fatta svolgere una c.t.u. medico-legale, il Tribunale aveva rigettato la domanda e la decisione era stata confermata anche in appello, cosicché il ciclista decideva di ricorrere per cassazione deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 cod. civ., nonché carenza e contraddittorietà della motivazione nella parte in cui la sentenza aveva ritenuto che il suo comportamento costituisse causa esclusiva del danno subito. Richiamati i principi giurisprudenziali sull’art. 2051 cit., il ricorrente lamentava che il Giudice di secondo grado aveva posto l’intera responsabilità dell’accaduto a carico della vittima, in base all’apodittica affermazione secondo cui il ricorrente, pur avendo tenuto un’andatura moderata anche in considerazione del traffico esistente, non aveva osservato il necessario sforzo di diligenza. Quest’ultima affermazione, in particolare, non sarebbe stata neppure chiara, perché la sentenza non spiegava in quale comportamento tale sforzo si sarebbe dovuto tradurre. Il danneggiato, inoltre, lamentava che la sentenza impugnata non avrebbe fatto corretta applicazione delle regole sull’onere della prova in ordine all’esistenza del caso fortuito.

la Suprema Corte, con l’ordinanza n. 34883/2021 ha ritenuto di respingere le doglianze in quanto infondate.

Gli Ermellini hanno rilevato che la Corte d’appello, con un accertamento in fatto non rivisitabile in sede di legittimità, era pervenuta alla conclusione per cui il danneggiato conosceva a sufficienza lo stato dei luoghi e, in considerazione delle aggravate condizioni di traffico esistenti — conseguenti alla temporanea chiusura di tratto autostradale, con riversamento dei mezzi sulla via percorsa al momento del sinistro — avrebbe dovuto osservare un grado maggiore di diligenza. Ciò era da ritenere non impossibile, sia perché il ciclista già stava tenendo una velocità moderata sia perché l’avvallamento stradale era ben illuminato in quel giorno e a quell’ora (8,30 del 28 settembre 2013). Per cui il sinistro era da ricondurre ad esclusiva responsabilità del danneggiato, idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno.


Riferimenti:

 
https://responsabilecivile.it/avvallamenti-sul-manto-stradale-e-caduta-del-ciclista-no-al-risarcimento/

 
http://www.ciclistaurbano.net/leggi-sentenze/cassazione_34883_2021.pdf

 
 
 

Articolo 4181 verificato al 2021-11-20 categoria: Giurisprudenza