LE BASI DELL'ALLENAMENTO DA PROFESSIONSTI

Questa pagina, come altre presenti in questo sito, è un tributo al grande campione di Ciclismo  Bernard Hinault che,  forse unico tra i grandi,  ha trovato tempo e voglia per mettere a disposizione di tutti i Cicloamatori la sua esperienza di campione del mondo.

La lettura di questa pagina fa trasparire con chiarezza che i concetti esposti sono state in gran parte vissuti sulla bicicletta, in particolare quando si fa riferimento alle sensazioni che avverte il Ciclista quando passa da uno stadio di fatica a quello successivo.

Il testo che segue è la fedele trasposizione  del capitolo relativo all’allenamento tratto da 'Road Racing: Technique and Training Bernard Hinault and Claude Genzling (Authors).

Per facilitare la non facile lettura,  i concetti più importanti sono stati esposti in forma tabellare, ma nessun contenuto è stato alterato rispetto al testo originale.

Buona Lettura

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Il Ciclismo è uno degli sport in cui l’allenamento procura a colui che lo compie con passione il più ampio margine di progresso a causa del ruolo importante che ha il raggiungimento di una tecnica molto particolare: la pedalata.

Ma anche perché nel Ciclismo su strada devono essere molto sviluppate le doti di fondo.


L’espressione “doti di fondo” è usata per comodità ma più avanti verrà scomposta per precisare i diversi tipi di sforzo a cui è sottoposto il Ciclista. Le grandi gare ciclistiche arrivano a 250 km e oltre e il Ciclista deve imparare ad essere capace di pedalare anche più di otto ore.

Uno dei problemi che si pongono al corridore, ma non solo quello è quello di “Tenere la distanza”.

Tenere la distanza: ecco una frase che ricorda il metodo più antico conosciuto per valutare l’allenamento di un Ciclista, cioè la contabilizzazione del numero di chilometri percorsi, in ogni uscita e in totale, durante un periodo determinato.


I Chilometri percorsi danno una prima indicazione sul grado di forma di un corridore, ma ciò è vero soltanto se il  corridore sa allenarsi e che compie le distanze all’inizio della stagione secondo un programma prestabilito.

Si stima che servono a un corridore ciclista tra 2000 e 3000 km chilometri per iniziare ad essere nuovamente competitivo dopo la pausa invernale senza gare anche se ciò non significa una interruzione della di ogni attività fisica e sportiva. Se il risultato dei 2000 o 3000 km percorsi fossero fatti alla velocità uniforme di 25 km ora il risultato sarebbe molto mediocre.

Infatti, il corridore non effettua i citati chilometri sempre con lo stesso tipo di allenamento.


Egli si comporta come chi guida una auto  nuova da rodare. Man mano che il motore si sblocca  l’automobilista aumenta la velocità di crociera, alterna i regimi, operando spunti di velocità, prima nelle discese (allo scopo di non chiedere agli organi in movimento un lavoro eccessivo mentre gli attriti sono ancora importanti) e successivamente in pianura. Nulla di più sbagliato che forzare un motore ancora egato” facendo una salita in quarta senza aver preso slancio, come tutti sanno.

Il ciclista esperto che riprende la strada a metà gennaio e che conosce le reazioni del proprio corpo, si comporta in analogia al citato Automobilista: non soltanto aumenta gradualmente l’andatura ad ogni uscita ma compie spunti di velocità sempre più sostenuti allo scopo di ritrovare la sua capacità di scattare ripetutamente e di resistere, da solo in fuga.


Il numero di chilometri percorsi è inadatto a definire un programma di allenamento ma resta utile  per memorizzare le uscite: il libretto tradizionale sul quale il Ciclista riporta le distanze percorse durante la settimana merita sempre di essere fatto ma dovrebbe essere completato con i tipi di sforzi fatti e le impressioni sullo stato della forma. Queste annotazioni contribuiscono alla condizione mentale del corridore che prende sul serio la sua preparazione di fondo.

Tenere la distanza non ha senso che in gara. Se è vero che un corridore abituato a disputare corse da 80 Km incontrerà qualche difficoltà in una prova di 120 km, questo avviene per la ripetizione dello sforzo per un periodo di tempo più lungo e non a causa dell’aumento del numero dei chilometri.


Questo aveva capito Louison Bobet, che preferiva parlare di ore di sella piuttosto che di chilometri, almeno durante la stagione, quando l’organismo ha acquisito il suo regime ottimale di  funzionamento.

In passato due qualità complementari indicavano la prestazione sotto sforzo del Corridore Ciclista: il  fondo (correre per molto tempo a buona andatura) e la resistenza (Capacità di fornire sforzi violenti in modo ripetuto come ad esempio staccare un avversario dalla ruota). Tutta la attenzione era concentrata sulle conseguenze sul cuore del ciclista: si riteneva che la resistenza rinforzasse le pareti del cuore e il fondo ne aumentasse il volume. L’arte dell’allenamento consisteva nell’armonizzare questi due fattori con una attenzione particolare per i giovani per i quali si riteneva che le pareti si rinforzassero troppo presto, prima che il cuore raggiungesse un volume sufficiente, bloccandone cosi la sua evoluzione ottimale.


Gli studi recenti di fisiologia hanno dimostrato che tali nozioni non erano aderenti alla realtà e non potevano costituire la base di un moderno programma di allenamento di un corridore. In questo campo è Paul Köchli, allenatore della squadra a Vie Claire”, che ha introdotto le nozioni più precise, alle quali faremo riferimento in questo capitolo e per fare ciò dovremo creare una specifica terminologia.

I CARICHI DI ALLENAMENTO

Il principio è uguale per tutti gli sport. L’atleta sottopone volontariamente il proprio organismo a un certo carico di lavoro, scelto a seconda dell’obbiettivo da raggiungere, insistendo oltre e la prima soglia della fatica che, nella vita ordinaria, induce l’essere umano a smetterla. Egli recupera, tra due sedute di allenamento, oppure tra due esercizi successivi con l’allenamento ripetitivo e ricomincia con l’obbiettivo di aumentare, anche di poco, il carico di lavoro.

Più di ieri, meno di domani è il motto degli innamorati ma anche degli sportivi. La cosa è che tutto avviene come se l’organismo comprendesse il messaggio che gli è trasmesso, poiché si prepara, durante il periodo di recupero, a sostenere  un carico di lavoro superiore al precedente. Questo ha per effetto di elevare la soglia della sofferenza, la cui funzione vigilatrice appare evidente.


Il corpo dell’atleta sembra pensare “ Mi hai battuto una volta, non mi batterai la seconda, la prossima volta sarò pronto”. La seduta di allenamento seguente spinge il limite ancora più lontana e docile, entusiasta o rassegnato, il corpo obbedisce, nei limiti fisiologici che gli sono propri.

Il principio dell’allenamento consiste quindi nell’aumento sistematico del carico di lavoro in durata, intensità e ripetizione.

L’intensità massima dello sforzo sportivo, differente per ogni essere umano, varia con l’allenamento e risulta comodo esprimere l’intensità di ogni sforzo come una frazione percentuale (%) di questa intensità massima che può essere mantenuta solo per un tempo molto breve.

LE CATEGORIE DELLO SFORZO

Ci sono sei categorie di intensità dello sforzo (Vedere tabella sotto). Al fine di stabilire una classificazione degli sforzi verranno usati termini che possono non corrispondere alla loro accezione corrente. In questa terminologia il record dell’ora rientra negli sforzi di intensità leggera, benché esso sconfini, soprattutto negli ultimi minuti, nell’intensità media, un livello sul quale si colloca anche l’inseguimento professionistico disputato su 5 chilometri.

Qualunque sia il processo metabolico operato dall’organismo, a seconda delle condizioni nelle quali si trova il corridore ciclista al momento dello sforzo, il muscolo utilizza un solo carburante, ladenosinistrifosfato, noto nel linguaggio scientifico con la sigla ATP, che si scompone in adenosindifosfato (ADP) e in atri componenti, liberando in tal modo l’energia necessaria alla contrazione muscolare.

Un altro composto organico, la creatina, anch’essa presente nelle cellule del muscolo, si combina allora con l’ADP  che si scompongono adenosindifosfato (ADP)  e in altri componenti, liberando in tal modo l’energia necessaria alla contrazione muscolare.

Un altro composto organico, la creatina, anch’essa presente nelle cellule del muscolosi combina con l’ADP per ricostruire l’ATP, subito degradate dalle contrazioni successive. IL tutto in pochi secondi. Le scorte  di ATP e di creatina sono ricostituite dall’organismo, nei limiti del possibile, grazie a processi che avvengono durante sforzi meno intensi (Recupero parziale) o durante il riposo completo.


Questi processi di recupero sono tanto più efficaci quanto più il regime alimentare è stato correttamente equilibrato e l’allenamento è  stato ben condotto.

 

Tipo sforzo

%

sforzo

massimo

 

% Freq.

cardiaca

massima

Processo metabolico
Sensazioni

Intensità debole

20- 40%

 

65- 80%

Lo sforzo a intensità debole può essere sostenuto per parecchie ore. L’energia è tratta dalla combustione dei lipidi, cioè dei grassi, che sono trasformati al contatto con l’ossigeno trasportato da sangue. Il metabolismo è aerobico essendo l’ossigeno apportato dall’aria respirata.

E’ sorprendente constatare come che non sono gli zuccheri ad essere consumati per primi, nonostante rappresentino l’alimento per eccellenza del muscolo. L’organismo reagisce come se volesse economizzare gli zuccheri di cui dispone allo stato di glucosio nel sangue e allo stato di glicogeno nel fegato e nelle cellule muscolari in previsione di sforzi più intensi che in seguito saranno necessari alla loro ossidazione. La trasformazione dei lipidi, sotto forma di acidi grassi liberi richiede maggior quantità di ossigeno che quella dei glicidi: quindi é logico che questo fenomeno intervenga quando lo sportivo respira ancora facilmente poiché lo sforzo non è ancora importante.

Quando il Ciclista sta per passare dalla intensità debole, verso la intensità leggerà la respirazione diventa meno facile e il Ciclista trova maggiore difficoltà a parlare con i suoi compagni ecco che tale soglia è stata denominata “soglia del chiacchiericcio” .

Intensità leggera
40-50%

 

80-90%

L’ossigeno respirato comincia a non essere più sufficienti a trasformare i grassi e viene quindi il turno degli zuccheri. Prima il glucosio contenuto nel sangue (Se vi siete alimentati correttamente prima di partire)  poi il glicogeno presente nei muscoli infine quello immagazzinato nel fegato.


L’organismo cambia quindi carburante ma il muscolo funziona sempre con l’adeonosintrifosfato e la creatina strettamente associati tra lo  nelle loro mutue e continue conversioni.

Un Ciclista ben allenato può mantenersi in intensità leggera oltre mezzora.

L’organismo deve disporre  di buone riserve di zuccheri sotto differenti forme e deve essere capace di bruciarle senza contrarre un forte debito di ossigeno, senza il quale passerebbe troppo presto la soglia anaerobica.

 

L’intensità leggera è caratterizzata dal mantenimento  di un meccanismo aerobico anche se si sfiora già il funzionamento anaerobico, nel quale l’organismo non trae più soltanto dall’ossidazione l’energia necessaria alla re- sitentesi dell’adenosintrifosfato.

 

Da quali  sensazioni si può riconoscere che si sta per entrare nell’intensità media?
Si fanno sentire i dolori muscolari e soprattutto si comincia a controllare la respirazione con difficoltà.

In intensità leggera il corridore ha bisogno di respirare molto profondamente e non pronuncia neanche una parola per assorbire il massimo degli ossigeno,  che viene totalmente utilizzato ma egli è ancora in grado di seguire i consigli di tecnica respiratoria che gli da il suo allenatotore

Intensità

media

50-60%

 

90-100%


Per trovare l’energia di cui il muscolo ha bisogno senza ricorrere soltanto all’ossigeno, ormai già utilizzato, l’organismo scompone  ora il glucosio e il glicogeno con un altro processo, più complesso e meno efficace , la glicolisi anaerobica, che comporta la produzione di acido lattico.

L’acido lattico si accumula sia nel sangue, sia nelle cellule muscolari, dove provoca un dolore sempre più forte che obbliga dopo un certo tempo  a cessare di pedalare o a ridurne l’intensità.

A seguito della riduzione della intensità l’acido lattico è riconvertito, almeno parzialmente in glicogeno. Questa forma di recupero è più rapida se l’intensità ricade al livello debole, per esempio quando il corridore raggiunge il gruppo e resta, qualche tempo in scia.


A questo ritmo lo sforzo  può durare tra 4 e 30 minuti dove la glicosi anaerobica interviene per un terzo per la produzione di energia e i 2/3 sono assicurati dalla ossidazione. In questo sforzo il ciclista raggiunge la propria capacità massima di consumo di energia, detta VO2MAX che indica la sua attitudine a fornire per un tempo prolungato sforzi molto elevati.

Per lo sportivo bene allenato la soglia di passaggio dall’intensità leggera alla intensità media si situa, per il consumo di ossigeno, tra 80 e 90% della VO2MAX. Uno dei principali obbiettivi dell’allenamento del ciclista è quello di elevare la sua soglia iniziale il che comporta, un aumento della VO2MAX.

La VO2MAX non può essere raggiunta che dopo aver incominciato a sollecitare il processo anaerobico perché l’acido lattico cosi prodotto è, con l’anidride carbonica, il principale stimolate dell’apparato cardio- vascolare e respiratorio che ha bisogno di funzionare a pieno regime.

A questo regime “ Non si respira più, si è respirati”. Quando un corridore lavora a intensità media insegna al suo organismo a prolungare lo sforzo in VO2MAX e a tenere con questo ritmo, per esempio 11 minuti invece che 6.

A questo regime “ Non si respira più, si è respirati”.

Intensità

alta

   


L’ossidazione aerobica degli zuccheri e la loro gli cosi anaerobica intervengono a questo punto nella produzione d’energia a parità per una durata che non può eccedere 2 -4 minuti. Il cuore batte alla frequenza massima. L’intensità alta rappresenta il 60 70 % dell’intensità massima.

 

intensità

submassima

70-90%

 

100%


L’ossidazione aerobica è in questa zona molto ridotto ma contribuisce ancora allo  sforzo che si conclude in un intervallo di tempo molto breve, tra 25 secondi e due minuti. Il chilometro lanciato è corso ad intensità submassima, che vale tra 70 e 90% dell’intensità massima mentre il cuore batte al massimo.

Nelle gare su strada questa intensità può essere raggiunta in occasione di uno scatto violento di uno sprint lungo l’arrivo. L’organismo si pone allora in debito di ossigeno perché l'energia impiegata sorpassa  la  quantità fornita dall’aria respirata.

Il corridore deve interrompere il suo sforzo, prendendo, ad esempio la ruota di un avversario al fine di riprendersi e ricostituire una qualche riserva di glicogeno bruciando un parte dell'acido lattico accumulato nei muscoli nel corso del violento sforzo precedente.


Un allenamento ben concepito riduce il tempo per questo recupero parziale. Il ciclismo è lo sport che offre il miglior esempio di questo recupero perché lo sforzo che si  deve fornire  per restare  nella scia di  un altro corridore è molto inferiore a quello  del corridore davanti a lui, quando la velocità è molto elevata.

La tattica che si osserva in un piccolo gruppo di fuggitivi  ad alcuni chilometri dall’arrivo è interamente condizionata dai fenomeni fisiologici  appena descritti.

Tutto quanto detto sul recupero degli sforzi ad intensità submassima vale anche per la intensità alta e media. Dal momento in cui compare l’acido lattico in quantità notevole i tempi di recupero sono indispensabili alla sua riconversione.

Le intensità media e alta intervengono ad esempio quando un gruppo di fuggitivi si impegna a creare un buco (Vantaggio decisivo) . Il corridore del gruppetto che abbandona la ruota a causa di capacità anaerobica insufficiente è inesorabilmente staccato e i minuti di ritardo si accumulano rapidamente perché è impossibile correre a lungo da soli a intensità alta o media.

 

Intensità massima
90-100%

 

100%

 

Intensità massima E’ l’intensità dello sprint puro per un periodo che può arrivare a 25 secondi, lo  sforzo si estende tra il 90 e 100 del massimo mentre il cuore batte  al massimo. Il processo metabolico è diverso da tutti  i precedenti. I processi aerobici e la glicosi anaerobica sono troppo lenti. L’organismo ha bisogno di fonti  più  rapide per cui esso ricorre alla riserva muscolare di ATP che esso scompone senza utilizzare l’ossigeno respirato e ricompone subito, partendo dalla sua riserva di creatina.


Abbiamo  già esposto questo meccanismo prima di trattare le categorie di intensità. Nel senso preciso del termine è lo sforzo totale nel quale l’atleta non ha più nemmeno il tempo per respirare, operazione che non gli servirebbe poiché le reazioni chimiche in questione sono anaerobiche. Niente in comune con la glicosi anaerobica, che fa male ai muscoli.

Se si conclude uno sprint violento come quello indicato, il solo effetto che si prova scendendo dalla bici è di non avere più nulla nelle gambe.

IMPARARE A CONOSCERSI

I programmi di allenamento hanno lo scopo di far lavorare il corridore a differenti tipi di sforzi in modo che egli sviluppi le qualità che gli sono necessarie in gara.


In passato questi programmi venivano impostati facendo percorrere ai ciclisti un certo numero di chilometri ma senza lavorare in modo scientifico sui vari tipi di sforzo  come sopradescritto.


Fu Fausto Coppi a rompere gli schemi: egli terminava i suoi allenamenti con un tratto di 5 km corso come a cronometro nel quale si impegnava al massimo. Egli in tal modo ruppe la consuetudine delle interminabili uscite di 200 km a 25 km ora, predilette dagli stradisti di allora i quali lavoravano, senza saperlo, ad intensità debole come sopra definita con il risultato di sviluppare solo le doti di fondo. Essi insegnavano in tal modo al loro organismo di ritardare il passaggio dalla ossidazione aerobica dei lipidi a quella degli zuccheri. Utile ma insufficiente nella competizione moderna.

I grandi campioni hanno oggi una percezione istintiva del tipo di sforzo che stanno producendo, comprensione affinata con le esperienze di gara. Essi imparano dagli errori commessi e sanno adattare la tattica alle forze residue.

Oggi tutti i Ciclisti possono acquisire questa esperienza. Basta lavorare coscientemente nelle zone che abbiamo definito, possibilmente verso la soglia superiore in modo da allenarsi ad elevare tale soglia. Si economizzano le riserve di energia, a parità di efficacia sul terreno.


Per fare questo bisogna conoscere la durata e l’intensità degli sforzi consentiti in allenamento.


Una buona idea dell’intensità di sforzo in cui ci troviamo è data dal numero di pulsazioni del cuore che è possibile seguire in ogni istante se si dispone di un orologio cardiaco.

Anche il modo di respirare è un criterio importante per valutare  l’intensità dello sforzo. La soglia del chiacchiericcio fra l’intensità debole e quella leggera indica le doti di fondo basata sull’utilizzazione più prolungata del metabolismo aerobico dei lipidi che risparmia le scorte di glicogeno.

La soglia di cessazione di ogni scambio verbale, tra l’intensità leggera e l’intensità media indica il livello del metabolismo aerobico del glicogeno, la  cui elevazione ritarda l’entrata in glicosi anaerobica che mette in gioco l’acido lattico. Un corridore la cui soglia anaerobica sia al di sopra di quella dei suoi avversari sarà più frequentemente in fase di recupero relativo, mettendosi per esempio a ruota di un altro ciclista,   dispone di un grosso vantaggio in vista del traguardo.

La soglia della perdita di  controllo della respirazione  in intensità media e in prossimità della intensità alta  é difficile da tollerare in conseguenza dei dolori muscolari e delle difficoltà respiratorie dovute al debito di ossigeno. Innalzare questa soglia aumenta la capacità anaerobica da cui dipende l’attitudine a produrre sforzi intensi e prolungati senza la quale  non è possibile conservare quei 50 metri di vantaggio che permettono di vincere una corsa con distacco davanti a un gruppo lanciato alle calcagna.

 

I TIPI DI ALLENAMENTO


Nella stessa seduta di allenamento occorre sviluppare diverse intensità di sforzo perché, come gia detto, se si corre anche per molti chilometri sempre alla stessa velocità ad intensità debole, come fanno i cicloturisti non si riesce a ottenere le qualità richieste dalla competizione. L’allenamento del professionista  consiste invece nella successione dei vari tipi di sforzo ciascuno seguito da una fase di recupero più o meno totale. Come in altri sport queste modalità di concatenamento possono essere definite come segue:

- Allenamento ripetitivo:che comporta un gran numero di sforzi di piccola durata e di grande intensità, separati da fasi di recupero comoleto, valutate mediante la misurazione del ritmo cardiaco che deve abbassarsi sino ad almeno la metà della frequenza massima, non sopra le 100 pulsazioni al minuto.

- Allenamento a intervalli (Interval training): identico al precedente, ma con la differenza che il recupero tra due sforzi é incompleto. Il ritmo cardiaco si abbassa solo al 65% della frequenza massima, con pulsazionida 120 a 130 al minuto.

- Allenamento alternato: nel corso del quale lo sforzo é continuo, l'intensità e la durata sono programmate in anticipo, come ad esempio: 3 minuti ad intensità alta, 8 minuti ad intensità debole, 3 minuti ad intensità alta, 8 minuti ad intensità debole, 3 minuti a intensità alta e cosi di seguito.

- Gioco della corsa: simula gli sforzi prodotto in competizione questo si pratica in una uscita con molti corridori insieme, negli ultimi chilometri quando un corridore da fuoco alle poveri.

La conoscenza di questi tipi di sforzi e la capacità di praticarli da solo, con l’ausilio di un orologio cardiaco e tachimetro sono  sufficienti ad un dilettante di allenarsi molto efficacemente affinando tutte le qualità di un buon corridore che abbia come obiettivo principale quello di migliorare i propri punti deboli.


Se si nutrono ambizioni maggiori occorre invece essere seguiti da un allenatore qualificato che stabilirà piani di allenamento valutandone i risultati. Opportuna è anche la presenza di un medico sportivo sia per i controlli medici che per impostare dei programmi di allenamento in funzione della capacità cardiache che metaboliche del soggetto.

In ogni caso il ciclista ha interesse a sviluppare la propria autonomia visto  che è lui che pedala e anche se l’allenatore lo segue in auto egli resta il solo in grado di interpretare le proprie sensazioni.

LE QUALITA' FISICHE DEL CICLISTA


L’allenamento sulla bici ha lo scopo di sviluppare le sue qualità fisiche che possono essere cosi definite:

Ecco alcune combinazioni tipiche delle sopraccitate qualità:
- Forza + fondo messe in evidenza nella salita di un passo di montagna.
- Velocità + forza utilizzata negli sprint.
- Velocità+ elasticità nel ciclista su pista.

 

Le qualità del ciclista possono essere anche definite in funzione della intensità della forza e l’intensità del movimento come segue:

Fondo : Il corridore è capace di pedalare il più a lungo possibile a intensità debole, con ritmo elevato senza appoggiarsi troppo sui pedali e ciò fa supporre che egli sia in grado di star in sella molte ore. Senza questa qualità di base, che riabilita in un cero senso l’allenamento all’antica è impossibile acquisire una buona facoltà di recuperare e sostenere carichi di lavoro importanti a regimi superiori.
 
Fondo critico: E’ la capacità di tenuta ad un grado superiore di ritmo e di forza, sino alla soglia della intensità media, prima del limite del debito di ossigeno come avviene nel record dell’ora su pista.

Resistenza – potenza: il corridore procede il più a lungo possibile a intensità submasisma, alta o media con una grande intensità di forza  e di movimento moderato ecco degli esempi:

 

Resistenza velocità: Il corridore pedala il più a lungo possibile nelle tre zone di stimolo precedenti (Massima Alta e Media) con una intensità di forza moderata  e grande intensità di movimento  e ciò avviene in queste situazioni:
inseguimento di 3 km partenza non compresa (intensità alta)
inseguimento di 5 km partenza  non compresa (intensità media)

Potenza di scatto: è la qualità del corridore che gli consente di correre a intensità di stimolo massima con grande intensità di forza  molto piccola intensità di movimento come nella partenze da fermo su  pista e su strada  e negli scatti violenti a debole velocità iniziale  o in salita che si effettuano nella maggioranza delle situazioni fuori sella, ritti in piedi.

Potenza esplosiva: A intensità di stimolo massima, lo sforzo è molto breve (10-15 secondi) e abbina una grande intensità di forza a una grande intensità di movimento come ad esempio nelle fasi finali di uno sprint su pista o su strada quando il corridore salta il suo avversario sulla linea e anche nei 200 metri lanciati su pista.

La velocità: questa qualità non interviene direttamente in gara dove occorre sempre mettere il rapporto adatto per andare veloce ma esprime il coordinamento della pedalata  e condiziona, con la potenza muscolare, la rapidità dello sprint. Si tratta di correre a intensità di stimolo massima, a intensità di movimento la maggiore possibile, e intensità di forza piccola. Fare ciò è possibile su un falso piano accentuato, in discesa, in partenza lanciata, con un rapporto basso.

I PROGRAMMI DI ALLENAMENTO

Questo argomento meriterebbe un libro in quanto si presta a variazioni infinite. E’ impossibile mettere a punto programmi teorici validi per tutti perché si deve tenere conto delle motivazioni, dei temperamenti e delle situazioni  del terreno.

Tutto dipende, innanzitutto dagli obbiettivi e da livello di partenza. I principi dell’allenamento sono sempre gli stessi ma la loro applicazione varia a seconda di un campione che prepara una corsa, di un dilettante che aspira a cambiare categoria, di un cicloturista che un bel giorno decide di allenarsi per disputare competizioni di veterani. Per questi motivi non verrà dato un programma tipo ma qualche indicazione qualche esempio.

ALLENAMENTO INVERNALE

Con l’allenamento invernale i corridori dilettanti e professionisti conservano un minimo di attività che possa permettere loro di riprendere l’allenamento nelle migliori condizioni.

Per i professionisti l’allenamento specifico comincia con le competizioni dei primi di febbraio che richiedono loro di mantenere una buona condizione sempre.


L’allenamento invernale è raccomandato a tutte le categorie di ciclisti anche a quelli che si accingono a fare le loro prime gare per i quali esso costituirà la maniera migliore di prepararsi ad abbordare il ciclismo con un corpo e un organismo adatti a sostenere più validamente la loro prima stagione di competizioni. La sola differenza rispetto ai professionisti è che essi non faranno il classico ciclismo invernale( Ciclocross e pista) e forse nemmeno il potenziamento muscolare a meno che non  siano molto motivati.

Ecco un elenco dei principali sport che il Ciclista può praticare in inverno e trovare giovamento:


Footing: E’ praticabile con ogni tempo e su ogni terreno il che costituisce uno dei suoi maggiori interessi. Il footing rinforza le caviglie che la pedalata sollecita solo su un piano e perciò rende fragili. Rende duttili le braccia e le spalle che ne hanno bisogno per la stessa  ragione. Contribuisce a mantenere ed aumentarne le capacità cardiovascolari. Per le prime settimane occorre lavorare sul fondo, in seguito attenzione a scatti troppo violenti che presentano rischi di strappi muscolari soprattutto a livello dei polpacci i cui muscoli sono molto specializzati nel ciclismo. Il footing è completato da esercizi di piegamento. Le sedute devono essere aumentate progressivamente sino ad arrivare ad un’ora e mezzo e devono cominciare con un riscaldamento di una decina di minuti.

Nuoto: il ciclista lo devono evitare durante il periodo delle gare ma nella stagione di riposo è molto raccomandabile perché complementare. Esso sviluppa la cassa toracica e la capacità respiratoria ma sopratutto rinforza i muscoli paraverterbrali. Il nuoto sul dorso è particolarmente benefico perché la colonna vertebrale è allungata senza accentuazione della lordosi come invece avviene con la bracciata stile libero,

Sci di fondo: è lo sport invernale privilegiato dal ciclista. Praticato in montagna a media altitudine e con un’aria di grande purezza da un’ottima base. Le uscite lunghe e poco intense all’inizio e più corte ma fatte ad un ritmo più sostenuto successivamente.


Il lavoro degli arti inferiori da una buona preparazione per quando si riprende a predarle nel momento di risalita indietro del piede che si raccomanda di coltivare con concentrazione. Lo sci di fondo sviluppa inoltre il senso dell'equilibrio.


Pattinaggio: è poco praticato dai ciclisti ma invece è utile perché sviluppa i muscoli della coscia, quella in regione lombare cosi come gli addominali con una postura che si avvicina a quella del ciclista quando ricerca la velocità. La mancanza di appoggio obbliga il dorso a rinforzarsi. Prima di praticarlo, però, sarebbe opportuno controllare il buono stato della colonna vertebrale di cui il pattinaggio potrebbe rilevare qualche debolezza.

Sport di squadra: calcio, pallamano, pallavolo e pallacanestro che consentono di coltivare i riflessi e la destrezza e al cambiamento del ritmo.

Ciclocross: è una disciplina molto esigente per chi vuole conseguire buoni  risultati. Numerosi sono gli stradisti che si dedicano al ciclocross una volta la settimana coltivando la destrezza e elasticità sulla bicicletta.

Ciclismo su pista: ha altri adepti e presenta il vantaggio di sviluppare la destrezza elasticità e velocità.

Cliccare qui per saperne di più sul Ciclismo praticato in Inverno.

L’ALLENAMENTO SULLA BICICLETTA

Solo i corridori che si preparano per un obiettivo specifico hanno bisogno di un vero piano di allenamento distribuito su più  settimane: uno tra gli esempi più noti è dato dalla preparazione di Francesco Moser, della durata di tre mesi, che lo portò alla soglia del record dell'ora del 1984.

Nella maggior parte dei casi si tratta di allenarsi giorno per giorno per acquisire e conservare la miglior condizione possibile.

Un allenamento ben concepito poggia sul principio dei sovraccarichi. Intensità frequenza e durata consentono di stabile il  sovraccarico progressivo aumentandolo di settimana in settimana.

L’intensità è il fattore più importante per un ciclista di alto livello perché essa condiziona il miglioramento della potenza aerobica massima, VO2MAX. E’ il lavoro di intensità crescente che fa la differenza tra il corridore Ciclista e il Cicloturista.

COME MISURARE I CARICHI DI ALLENAMENTO

In passato, come oggi, il ciclista annota i chilometri percorsi su un taccuino, è sempre una indicazione utile ma egli deve anche annotare come sono stati percorsi. 50 Km a pieno ritmo nel corso della stagione hanno più effetto di 100 km ad andatura di passeggiata.

Ecco che allora deve essere inserito nel computo un coefficiente che moltiplicato per le ore passate sulla bici fornisce il carico complessivo della uscita in allenamento.

Di seguito sono elencati i coefficienti:

Intensità debole=30
Intensità leggera=45
Intensità media=55
Intensità alta=65
Intensità submassima=80
Intensità massima=95

 

Esempio: Un'ora e mezza ad intensità debole si ha: Carico allenamento (CA) = 1.5 x 30=45

 

Quando una seduta di interval tranining comporta 6 esercizi di 1 minuto ciascumo a intensità submassima separati da fase di recupero di 3 minuti essa dura circa mezzora e quindi:

Carico allenamento (CA) = 0,5 x 80=80

Le fasi di recupero contano come periodo di carico perché l’organismo vi compie un lavoro metabolico importante che fa parte dell’allenamento. Nella fase di recupero vi è pausa di stimolo e non pausa di carico.


Quanto detto sopra facilita i calcoli potendosi conteggiare il tempo totale senza ulteriori complicazioni. Se si conteggiano le uscite  con  la cifra dei carichi sostenuti come sopradetto con poche somme si ha il carico della settimana che indica con precisione la qualità dell’allenamento fatto.

Con l’esperienza si arriva a valutare approssimativamente i carichi sostenuti durante una gara.

Se si rimane tutto il tempo a ruota degli  altri si resta in intensità debole. Se si va in fuga per 40 km si aggiunge un’ora di intensità leggera. Una corsa movimentata pone problemi di valutazione ma non importa ciò che conta è il principio e una idea approssimativa è sufficiente.

Un corridore professionista durante il periodo delle gare arriva ad un CA di 1100 -1200 alla settimana.

Un principiante dell’allenamento può arrivare ad un CA di 300 alla settimana

IL PRINCIPIO DEI CICLI DI ALLEMANETO

Ecco un esempio di un lungo ciclo la cui durata oscilla tra 9 e 30 settimane e comprende tre periodi:


Preparazione (Allenamento) 45% del tempo del ciclo
Nei periodi di preparazione l’obbiettivo principale consiste nello sviluppare la compatibilità del carico attraverso l’aumento della quantità sino all’esaurimento delle riserve energetiche.

Competizione (Gare) 45% del tempo del ciclo
Qui l’obbiettivo è quello di raggiungere l'apice della forma, bisogna quindi esaurire in allenamento le riserve energetiche ma sviluppare le qualità anaerobiche con grandi intensità di carico e breve durata.

Transizione 10% del tempo del ciclo  

Il ciclista recupera con quantità di carico molto ridotte,  soprattutto aerobiche.
Ognuno dei citati tre periodo  si compone  di uno o più macrocicli di durata da 3 a 7 settimane che terminano con una fase di recupero di alcuni giorni.

Ognuno di questi macrocicli si compone di numerosi microcicli da 3 a 7 giorni che terminano con un giorno di recupero.

Infine, ognuno di questi microcicli comporta  giornalmente una o due unità di carico comunemente chiamate uscite di allenamento.

In un programma ben concepito le uscite variano da un giorno all'altro nello stesso microciclo la  cui struttura varia all’interno a sua volta all’interno dei macrocicli variano essi stessi a seconda si tratti di:

Preparazione 45%
Competizione 45%
Transizione 10%

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